Melbourne

Melbourne

lunedì 9 marzo 2015

GIORNO 31 - GLI HIPPIE, BYRON BAY E I MALLOREDDUS ALLA CAMPIDANESE

GIORNO: 06/03/15
STATO: QUEENSLAND - NEW SOUTH WALES
KM GIORNALIERI: 225 km
PARTITI DA: Chinderah 
ARRIVATI A: Byron Bay

Abbiamo oltrepassato già da qualche chilometro il confine tra il Queensland e il New South Wales ma dal momento in cui siamo passati tramite la Highway, non abbiamo avuto modo di fotografare alcun cartello di confine. Così, per avere ricordo dell’ingresso al quinto Stato visitato, torniamo indietro di pochi chilometri attraverso una strada interna e in dieci minuti siamo a Coolangatta. Passeggiamo all’interno del paesino rigorosamente dentro il van e arriviamo in cima ad una collinetta con il motore che chiede pietà. Siamo in realtà alla ricerca di una doccia ma quella che troviamo è all’aperto e la giornata non è delle migliori. E’ in realtà il primo giorno in cui pioviggina ed il cielo è coperto; accettiamo le condizioni climatiche senza lamentarci perchè fin ora è tutto andato a meraviglia e siamo riusciti ad evitarci le piogge tropicali per tutta la costa, ciclone compreso. Certo un po’ dispiace affacciarsi al lookout e scoprire che se l’aria fosse stata nitida avremmo assistito ad un qualcosa di spettacolare. In lontananza, velato dalla foschia, si scorge lo skyline della Gold Coast con la sua schiera di palazzi in riva al mare. Non è possibile nemmeno fare delle foto, perchè è già difficile identificarli ad occhio nudo. Davanti a noi, una torretta in legno ospita un cameraman e la sua mega videocamera. Giù nello spiaggione, decine e decine di surfisti cavalcano le lunghe onde del mare incazzato. C’è una competizione di surf e sta andando in onda in tv. Dall’alto ci si rende proprio conto di quanto una persona sia minuscola rispetto ad una anche delle più piccole onde. SI scambiano quattro chiacchiere con il cameraman, che vede in Gabriele un background cileno e torniamo nella parte bassa di Coolangatta dove abbiamo intravisto poco prima un monumento dedicato al confine dei due stati. Saltelliamo per un po’ dal Queensland al New South Wales e posizioniamo il cavalletto per un selfie di coppia, probabilmente meno brutto di quello degli asiatici di ieri.

Nimbin
Poco è rimasto da vedere in questo paese e dopo un breve tratto di litoranea, siamo diretti nuovamente in un altro posto. In realtà siamo indecisi sull’ordine da dare alle prossime due tappe: una è Byron Bay, piccola cittadina sulla costa, l’altra è Nimbin, comunità hippie in cima alle montagne. Siamo venuti a sapere di questo posto grazie ad un amico (Ciao Jacopo!!) e ci ha incuriositi abbastanza da non poter fare a meno di andarci. 
Impostiamo il navigatore e ci dirigiamo nuovamente verso l’interno, verso Nimbin. 
Sappiamo si tratta di un villaggio hippie, una comunità di 300 persone con, diciamo, un alternativo modo di vivere la vita. Ma ancora non sappiamo bene cosa aspettarci. Lungo la strada, quando ormai mancano pochi chilometri al villaggio, iniziamo a scorgere delle particolari e colorate decorazioni all’ingresso di alcune stradine laterali. Ma sarà solo una volta arrivati all’entrata del paese, che ci rendiamo veramente conto di dove siamo capitati. Un ostello alla nostra sinistra ha giocato con il nome della famosa marca Billabong, per coniare il proprio, ovvero ‘’Bringabong’’. Non stiamo li a tradurne il significato, lo lasciamo fare a voi. Prima di parcheggiarci, facciamo due vasche sulla via principale, una delle poche strade del villaggio. Una grande P indica un parcheggio nel retro di alcuni negozietti e ci entriamo. Non facciamo in tempo a parcheggiare e scendere dalla macchina, che un ragazzo, senza darci spiegazioni, ci invita gentilmente a parcheggiare ovunque ma non li, in quanto gli ‘’toglie la visuale’’. Non capiamo il motivo ma senza esitare spostiamo il van all’altro lato e qualche metro più avanti. Solo dopo essere scesi nuovamente dal van, capiamo cosa sta succedendo. All’altro lato del parcheggio, c’è un ragazzo appeso alla rete che delimita un parco. E’ il ragazzo che ci ha invitato a spostarci; è in piedi aggrappato alla rete e guarda verso l’entrata del parcheggio, come se stesse aspettando qualcuno. E’ di vedetta; più in particolare il suo ruolo è controllare se arriva la polizia. Un vai e vieni di ragazzi ci conferma i sospetti, e se già nello zaino con noi stavamo portando via dal van tutte le cose di valore, decidiamo di prendere proprio tutto il van e cambiare parcheggio. 
Ci fermiamo poco più in là, vicino alla strada principale, molto più trafficata e scendiamo per farci una passeggiata. Ci ritroviamo improvvisamente in un viaggio nel tempo, siamo all’inizio degli anni 70, l’aria odora d’incenso, attorno a noi colori, arcobaleni. Percorriamo la strada una prima volta, attorno gente di ogni tipo: un uomo è seduto in uno scanno e si fa incastrare nei suoi lunghi dread degli anelli colorati; alcuni musicisti suonano nei marciapiedi, in parecchi passeggiano scalzi per strada. Entriamo nel centro informazioni e abbiamo modo di leggere la storia di questo posto. Pare che sino alla fine degli anni 60 Nimbin fosse un centro di produzione casearia. Nel 1973 venne organizzato un festival non strutturato che attirò migliaia di giovani universitari ed esponenti della contro-cultura. Molti di loro decisero di rimanere nel posto dopo la fine del festival e il paese, ormai in crisi per la caduta dell’industria casearia, ricevette un forte impulso vitale. Vennero organizzate numerose comuni nelle quali gli hippie poterono portare avanti i propri propositi di un mondo migliore e Nimbin divenne la capitale “alternativa” dell’Australia, attirando giovani e artisti da tutta l’Australia e anche dall’estero. 
Oggi di quella comunità iniziale rimane probabilmente solamente il ricordo e quello che è rimasto è il fossile vivente di un’epoca inesorabilmente passata. Camminare tra le stradine del posto è in effetti affascinante e straniante allo stesso tempo. Entriamo nei vari negozi, guardiamo i vari articoli, alcuni interessanti, altri spazzatura da quattro soldi, parecchi oggetti in vendita sono finalizzati al fumare e nella maggior parte dei negozi compare la scritta “We don’t sell pot here”, qua non vendiamo erba. In compenso si trovano in vendita parecchie sementi nonché le guide per la coltivazione. I muri sono tappezzati di manifesti di vecchie manifestazioni, molte delle quali inneggiano alla strenua resistenza della piccola comunità contro l’oscurantismo o il proibizionismo.
Nimbin shops
A passeggiare appare invece evidente che ci sia una forte tolleranza da parte delle autorità nei confronti di questa piccola comunità e se è vero che l’erba non viene venduta nei negozi, è vero anche che non è affatto difficile procurarsene. Nel tornare verso il van passiamo in una piccola stradina dove ci sono alcuni gazebo, delle vere e proprie bancarelle, sui tavoli buste piene di erba, e un continuo via vai di persone. Torniamo nella strada principale, una ragazza ci chiede gentilmente “Cookies?”- biscotti- un’altra, altrettanto gentilmente, “Acid? Mushrooms?”, noi decliniamo l’offerta con la loro stessa gentilezza e mentre loro continuano il loro viaggio noi decidiamo di continuare il nostro.
Impostiamo il nostro navigatore gratuito verso Byron Bay, senza accertarci su quello più attendibile della strada che dobbiamo percorrere. Il primo tratto è una strada di montagna con le sue pecche ma comunque percorribile senza problemi. Ancora una volta siamo circondati da una fitta boscaglia che ombreggia tutta la strada; l’altitudine e l’ombra stessa, raffreddano l’aria e non ci sembra vera la sensazione di freschezza che stiamo provando. Ad una normale strada a due corsie, pian piano si sostituisce una strada sempre più stretta e mal ridotta; guadiamo un fiume, sfioriamo la cunetta, ci facciamo strada tra i buchi profondi nell’asfalto; ci chiediamo che razza di strada ci abbia mai suggerito il navigatore. Ormai ci conviene avanzare e sperare che la situazione migliori, ma quando sembra dalla mappa che stiamo per raggiungere una strada principale, ancora siamo lì a frenare ed evitare i profondi buchi, di quelli che se ci vai sopra ti distruggi la macchina. 
Raggiungiamo Byron Bay tra curve e dirupi e fiumi da guadare che sono le 16:00. 
Byron Bay lighthouse
Byron è una piccola cittadina ma molto accogliente e ordinata. La strada principale, senza stupirci, è ricca di locali e ristoranti e i negozi sono perlopiù per surfisti. Non è di certo un centro culturale ricco di attrazioni e musei, ma la costa è senz’altro il suo punto forte. Ce ne accorgiamo salendo al faro, dove abbiamo una spettacolare visuale di tutto. Percorriamo un breve sentiero a strapiombo sull’oceano e raggiungiamo il punto più a est di tutta l’Australia, foto di rito e poi scendiamo verso gli scogli, sempre seguendo il sentiero. Le onde sbattono con violenza formando degli schizzi d’acqua alti alcuni metri, dall’altra parte la spiaggia e l’acqua tranquilla, con alcune persone che approfittano delle ultime ore del giorno per fare ginnastica. 
Torniamo al van e ci rechiamo in una spiaggia vicina provvista di docce fredde all’aperto. Meglio di nulla. Ci laviamo e andiamo al “Basiloco”, ristorante sardo poco lontano dove lavora Mirko, un ragazzo di Milano conosciuto a Melbourne.
Il locale è carino, Mirko ci dice che è stato rinnovato da appena 2-3 settimane e si vede, tutto è nuovissimo. Ci sediamo, lo staff è italiano, ordiniamo un fritto di calamari come antipasto e un piattone di malloreddus alla campidanese. I piatti sono ottimi, anche se i malloreddus con la salsiccia che si fanno da noi sono comunque impareggiabili (Mirko non offenderti, quando verrai in Sardegna capirai ;) ). 
Conosciamo Manuel, il proprietario del posto, un ragazzo sulla 40ina di Cagliari. Che poi ad ascoltare le sue storie non è che ci sia rimasto così tanto a Cagliari. A dodici anni si è infatti trasferito in Germania con i genitori e poi ha vissuto per 16 anni in Messico prima di arrivare in Australia. Gli è rimasto comunque, marcato, indelebile l’accento casteddaio, e ci fa piacere risentirlo.
Chiediamo il conto, ma il cameriere ci informa che è già stato pagato.
Andiamo da Mirko, gli diciamo di non fare lo stronzo e di lasciarci pagare, ma non sente ragioni. 
Surfers @ Byron Bay
Decidiamo allora di offrigli da bere e ci sediamo un po’ a chiacchierare. Mirko lavora come chef e si è trasferito a Byron da pochi mesi. Dice che il posto è carino ma che gli manca da morire vivere a Melbourne, ma per ora sta qua.
Proviamo a pagare i drink, ma il barista decide di non prendere soldi da noi, e non ci resta altro da fare che lasciare una lauta mancia.
Usciamo dal locale e continuiamo la conversazione sul marciapiede, a noi si unisce anche il cameriere, un ragazzo alto e muscoloso proveniente dal Veneto. Ci consiglia un posto dove andare a passare la notte. Oltre a lavorare come cameriere insegna surf. Curioso che uno proveniente dal Grappa, terra di alpini, di neve, di sciatori, arrivi in Australia e la finisca a insegnare a surfare agli australiani. 
Salutiamo Mirko dicendogli che saremo comunque ripassati la mattina seguente prima di partire e andiamo a dormire. Il posto suggerito dal cameriere non è poi un granché, sebbene vicino, e sono evidenti i cartelli “no camping” e “no overnight staying”. Decidiamo quindi di spostarci leggermente fuori da Byron, in una delle centinaia di rest areas lungo le strade australiane e di passare qui la notte.


1 commento: