Melbourne

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lunedì 9 marzo 2015

GIORNO 30 - "I THINK I BROKE THE BOAT"

GIORNO: 05/03/15
STATO: QUEENSLAND
KM GIORNALIERI: 156 km
PARTITI DA: Surfers Paradise
ARRIVATI A: Chinderah

Stamattina è un suono diverso dal solito a svegliarci. Arriva dagli alberi davanti a noi, ma è diverso da quello dei soliti uccellini che cantano la mattina presto. E’ un suono acuto che proviene da tante gole diverse, sono pipistrelli. E sono solo le 6 del mattino. Prendere sonno è difficile, anzi oserei dire impossibile. Poco dopo notiamo che anche i ragazzi del van accanto si svegliano, magari per lo stesso motivo. Bastano alcuni passi verso gli alberi, basta alzare la testa per scorgere decine e decine di pipistrelli appesi agli alberi, che strillano e si posizionano, si spostano e poi si aggrappano di nuovo ai rami, rigorosamente a testa in giù, quasi fossero i frutti di quegli alberi. 
Facciamo colazione con i soliti panini alla marmellata e alla Nutella e ci prepariamo per scoprire cosa ci riserva l’attività del giorno: il jet boat. La nostra prenotazione è per le 10 e puntuali ci facciamo trovare al molo, dove ci attende una ragazza dietro ad un banchetto. Con noi, altri due ragazzi sulla trentina e, come sempre, un gruppo di 6 asiatici. Questa volta sappiamo di certo trattarsi di giapponesi, non perchè stiamo diventando esperti, ma grazie al foglio firme poggiato sul banco. Non fosse per i loro lineamenti, avremmo comunque potuto azzeccarne la provenienza solamente dal numero di selfie scattati ancor prima di salire sul motoscafo. Notiamo inoltre una tendenza a salutare qualsiasi essere vivente passi nei paraggi, ma non ne comprendiamo il motivo. Scorgiamo da lontano arrivare un motoscafo identico a quello nei tabelloni pubblicitari e capiamo che si tratta del nostro. Alla guida un ragazzo sulla trentina o forse meno. Riponiamo i nostri bagagli in un armadietto e brevemente ci viene spiegato come, in caso di necessità, dobbiamo aprire il giubbotto di salvataggio che ci è stato precedentemente consegnato. Il ragazzo ci indica di prendere posto, facendo accomodare il gruppo giapponese nelle prime due file e noi 4 nell’ultima. Il jet boat si accende e si dirige al largo del canale, non ancora a pieno delle sue capacità probabilmente per dei presunti limiti di velocità del tratto. Ci suggerisce di allacciare le cinture di sicurezza perché pian piano darà forza al motore, ma ci rassicura anche che, nel caso di ‘’acrobazie’’ sull’acqua, le anticiperà con dei gesti. Davanti a noi e alla nostra destra, le ville si affacciano alla riva del canale tramite i propri ingressi; davanti alla porta d’entrata, non c’è il suv parcheggiato (magari quello è dall’altro lato della strada) bensì la barca. Davanti a noi, i grattacieli di surfers Paradise si susseguono uno dopo l’altro; più il jet boat prende velocità, più velocemente ci lasciamo alle spalle i palazzi alla nostra destra e poi alle nostre spalle. Ed ecco che arrivano i primi schizzi; il ragazzo inizia a divertirsi facendo oscillare lo scafo da una parte all’altra, inseguendo le onde create dalle scie delle altre barche, accelerando e sfiorando boe, pali e segnali. I primi urli, e forse gli unici, arrivano dalle bocche dei giapponesi che non si capacitano di un divertimento così ‘’estremo’’ neanche fossero nel tagada di Santa Vitalia. Il ragazzo al volante, diminuisce la velocità, si alza in piedi e ci spiega che davanti a noi, una ragazza all’interno di un motoscafo, ci farà delle foto; a turno ci alziamo quando richiesto e ci facciamo scattare questa benedetta foto che mai compreremo. 
Jet Boat @ Surfers Paradise
Ancora una volta ‘’l’autista’’ si gira verso di noi e ci comunica che stiamo per fare un giro intorno a noi stessi, e con il braccio in alto, compie un movimento di 360 gradi con l’indice, gesto che utilizzerà in seguito per indicarci nuovamente quando tenerci più stretti. 
Le mani stringono il tubo davanti a noi, i piedi sono puntati per terra e lo scafo accelera; una frenata brusca è accompagnata da una sterzata, che ci regala una ‘’secchiata’’ d’acqua in faccia intanto che giriamo su noi stessi tra le urla di gioia dei giapponesi. 
Ancora qualche acrobazia, qualche sterzata brusca e accelerata improvvisa, quando ad un certo punto uno strano rumore arriva dalle nostre spalle, accompagnato da una curiosa faccia del ragazzo-capitano. Le sue labbra si muovono per dirci:’’I think I broke the boat’’. Abbiamo appena fuso il motore dello scafo. Per due persone come noi, difficile credere nella sfiga, ma poco ci manca. Ad appena 30 minuti dei 60 totali, lo scafo viene dirottato verso la prima riva e il ragazzo ci invita a scendere sulla spiaggia. Ed eccoci li, 10 casi umani con giubbotto di salvataggio, scalzi, in un punto qualsiasi di un qualsiasi canale di Surfers Paradise. 
Mentre giovane autista spericolato cerca di capire qual è l’entità del danno causato, qualcuno è stato mandato a prenderci con un altro scafo. Cerchiamo un po’ di ombra sotto un albero nel cocente sole delle 11 del mattino e attendiamo una buona mezz’ora lo scafo gemello. 
I due ragazzi si danno il cambio e quello che è venuto a prenderci rimane insieme allo scafo danneggiato, mentre noi proseguiamo il nostro giro con lo stesso ragazzo, che ripetutamente si scusa per l’accaduto. Abbiamo ‘’a disposizione’’ ancora qualche acrobazia prima di tornare: di nuovo alcuni giri su noi stessi, ancora qualche brusca curva e salto e di nuovo il motore si rilassa, all’ingresso del canale in direzione del molo. Mettiamo i piedi a terra che ancora il ragazzo si scusa mortificato riguardo l’episodio del motore fuso. Chiariamo che è tutto ok e lasciamo il molo ridendo. 
L’acqua del canale era decisamente salata e quasi ci sembra di avere addosso sabbia. Ritorniamo nei bagni con doccia sfruttati ieri e ci diamo una rinfrescata, prima di prepararci un bel panino con carne cotta alla piastra. 
Dell’acqua per oggi ne abbiamo abbastanza, quindi si decide di passare il resto della giornata in montagna. E’ bello come parallelamente a chilometri e chilometri di spiagge, corrispondano internamente chilometri di parchi.
Natural Bridge - Springbrook National Park
Il parco in cui stiamo andando si chiama Springbrook National Park e anche questo ha un’infinità di passeggiate, belvedere, cascate e corsi d’acqua. Al primo posto della nostra scaletta c’è un posto chiamato Natural Bridge. Dopo pochi minuti di passeggiata nella solita passerella creata tra la fitta vegetazione, arriviamo in un posto meraviglioso. Il rumore dell’acqua che precipita, precede la vista, ma basta una leggera curva, bastano pochi passi affinché davanti a noi si presenti il Natural Bridge. Un arco, scavato nelle pareti della montagna a formare una grotta; l’acqua illuminata grazie all’apertura che essa stessa ha creato nella parte alta. Le pareti umide nella parte esterna della grotta sono verdi e avvolte da numerose piante rampicanti. Mentre avanziamo, entrando nella grotta e notiamo che nella cavità tramite la quale passa l’acqua, un grosso tronco poggia verticalmente lungo la parete, andando a ‘’frenare’’ la cascata prima che questa raggiunga la grande pozza. La grotta, ospita in un punto non raggiungibile dalla passerella, numerosissimi piccoli pipistrelli che svolazzano nella parte non illuminata. 
Qualche ragazzo scavalca la staccionata per tuffarsi nella gelida acqua del torrente. Proseguendo la passerella, ci spostiamo dai piedi della cascata al corso d’acqua che la precede, osservando la grande apertura nel punto in cui essa stessa si forma. Uno spettacolo. 
Un signore di mezza età si avventura sulla roccia e si affaccia nella grande apertura e per pochi istanti pensiamo si voglia buttare insieme alla cascata; per fortuna ci sbagliamo e vediamo che si arrampica nuovamente la roccia per raggiungere la passerella. 
Brook Falls
Forse di cascate non ne abbiamo ancora abbastanza, così raggiungiamo il van e ci spostiamo in un altro punto indicato dai marroni cartelli turistici: le Brook Falls. Percorriamo due differenti passerelle che ci permettono di osservare le cascate da due diversi punti di vista. L’acqua che precipita nello strapiombo della montagna, ci affascina ogni volta; la conferma è nella nostra memory card con le decine di foto dedicate. Proseguiamo la strada di montagna e ci facciamo attirare da un altro cartello con su scritto: Best of all lookouts. Non capiamo se si tratti o meno dell’ennesima australianata e decidiamo comunque di dargli una chance. La vista è davvero bellissima; non so se oserei metterla al primo posto tra tutte, ma davanti a noi si è aperta una vallata mozzafiato. In lontananza l’oceano fa da contorno alle montagne alberate, che quasi sembrano soffici tappeti verdi. L’aria parecchio nitida ci aiuta ad avere una visuale di chissà quante decine di chilometri attorno a noi.
Ci lasciamo ad ultimo la ciliegina sulla torta: il Canyon Lookout. Senza tanti dubbi, potrebbe aggiudicarsi il premio come miglior lookout, a discapito del precedente. 
Alle morbide montagne verdi e all’azzurro oceano si aggiunge la spettacolare vista di Surfers Paradise.I pallidi grattacieli smorzano per alcuni chilometri il confine terra-mare del restante panorama, regalandoci una visione di insieme impossibile da avere trovandocisi dentro. 
Sicuramente il buio e le luci artificiali della città, regalerebbero da quassù una sensazione del tutto diversa e altrettanto emozionante, ma il tempo a disposizione inizia a scarseggiare, e dalla montagna ci si sposta nuovamente verso la costa. 
E’ ora di pensare ad un posto dove passare la notte e con cosa sfamarci per la cena. Purtroppo per i nostri fegati c’è un caravan park proprio di fianco alla McDonald’s e la voglia di tirare fuori fornelli e pentole non ci assale. Per sentirci meno in colpa, giustifichiamo la cena a base di cibo-spazzatura, con il fatto che utilizzeremo il Wi-Fi gratuito per fare una cosa importantissima: inviare le domande per il visto studente nel sito del governo australiano. Purtroppo la vacanza è agli sgoccioli e ci sono cose molto importanti a cui pensare, e questa era al primo posto. 
Oggi è 5 marzo e il 23 di questo mese inizieremo a frequentare un corso di inglese a Melbourne. Senza lo student visa (il visto studente) non possiamo però rimanere in Australia nonostante la scuola sia già pagata. Il nostro visto working-holiday scade infatti il primo aprile, mentre la scuola finisce a giugno. In ogni caso, oggi ci siamo liberati di un peso non irrilevante.




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